Gli autori
Giulio Campagnola
Giulio Campagnola nacque a Padova tra il 1480 e il 1482.
Proveniva da un ambiente colto - il padre era il letterato e pittore Gerolamo, citato come allievo dello Squarcione - e quindi Giulio fin da giovanissimo fu bene introdotto negli ambienti culturali veneziani e padovani. Avviato alla carriera ecclesiastica, ottenne dopo la prima tonsura nel 1508 il beneficio di una parte della parrocchia padovana di S. Giacomo nei pressi di ponte Molino.
In seguito però non si fa più menzione di ulteriori passi verso il sacerdozio.
Due documenti (1507 e 1515) lo indicano presente a Venezia, perciò fu partecipe di quella stagione di grandissima fioritura della pittura veneziana, i cui più accreditati rappresentanti erano allora l'anziano maestro Giovanni Bellini e i giovani emergenti Giorgione e Tiziano.
Recenti ipotesi critiche hanno messo in luce la consonanza artistica e anche personale di Giulio Campagnola con Giorgione, entrambi legati alla cultura ermetica neoplatonica dei circoli esoterici padovani e veneziani. Secono U. Soragni, forse fu lo stesso Giorgione l'ispiratore del ciclo mariano nella Scoletta del Carmine a Padova.
Lo stretto sodalizio tra Giulio e Giorgione è stato indagato nella mostra "Giorgione a Padova" presso i Musei Civici agli Eremitani (2010); al catalogo della mostra si rimanda per gli approfondimenti.
La carriera di Giulio Campagnola come incisore e disegnatore ha molti punti di contatto con quella di Giorgione, ma egli era anche famoso come pittore, musico, poeta, conoscitore del latino, del greco e dell'ebraico fin da giovanissimo, tanto da essere considerato un fanciullo prodigio.
Grande importanza ebbe anche come miniatore, in particolare del codice Petrarca Queriniano, eseguito intorno al 1495/96 (Brescia, Biblioteca Civica Queriniana).
Mentre il corpus delle incisioni presenta caratteristiche stilistiche ben definite, derivando lo stile dall'artista tedesco Albrecht Durer, i dipinti a lui attribiti sono stilisticamente più eterogenei.
Gli affreschi di Giulio nella Scuola del Carmine si collocano tra il 1505 e il 1507, forse commissionati da Bartolomeo Campagnola, abate del Convento carmelitano.
Accanto all'artista - secondo Fiocco - operarono aiuti tra i quali Antonio Requesta,detto il Corona.
Giulio morì a Padova tra il 1515 e il 1517.
Domenico Campagnola
Secondo un documento notarile Domenico Campagnola nacque nel 1500, questa data però è messa in dubbio da E. Saccomani proprio in relazione agli affreschi della Scoletta del Carmine.
Fu adottato dal pittore Giulio Campagnola di cui in seguito assunse il cognome e da lui introdotto a Venezia nella cerchia di Tiziano. Visse gli anni giovanili a Venezia e per questo è anche citato come Domenico da Venezia.
Nei numerosissimi disegni e incisioni che produsse all'inizio della sua carriera risulta evidente che i suoi maestri furono dapprima il padre adottivo Giulio e in seguito Tiziano, con il quale è stato spesso confuso, mutuandone disinvoltamente i modi. Più tardi optò per il manierismo dei bresciani Moretto e Romanino, del Salviati e del Porta, così da raggiungere esiti stilistici alquanto discordanti e ripetitivi, specie verso la fine della attività.
Approdato a Padova nel 1528, Domenico si stabilì nella contrada di Ponte Molino, in via S. Fermo.
Come maestro autonomo avviò una florida bottega abbandonando l'incisione praticata con esiti eccellenti dal padre adottivo per dedicarsi alla pittura ottenendo importanti incarichi presso committenti sia pubblici che religiosi.
Intorno alla metà del secolo Domenico godeva di un grande fama personale da parte della più scelta committenza padovana, anche grazie al nome famoso del padre adottivo.
Tra i molti dipinti padovani possiamo citare le tele nella sala dei Nodari in Municipio, destinati in origine alla Cappella del Palazzo podestarile e in S.Giustina, rispettivamente una Madonna con Bambino e Santi e Il podestà Marino Cavalli presentato da S. Marco ai Santi protettori di Padova.
Altre opere si trovano nella Scuola di S.Rocco, nell'Oratorio del Redentore e in quello di S.Bovo .
L'opera di maggior prestigio fu senz'altro la decorazione della Sala dei Giganti insieme a Gualtieri, Girolamo Tessari e Stefano dall'Arzere.
Gli affreschi della Scoletta sono databili intorno al 1520, anche se non tutti gli studiosi concordano su questa data.
In ogni caso ne L'incontro di Gioacchino con Anna alla porta aurea è evidente che Domenico ha tenuto presente la lezione di Tiziano nella Scuola del Santo, sia per quanto riguarda l'impaginazione spaziale e i personaggi che per la tecnica pittorica.
Domenico morì a Padova il 10 dicembre 1564.
Girolamo Tessari dal Santo
Girolamo Tessari nacque a Padova tra il 1485 e il 1490, figlio del pittore Battista.
Poiché abitava nella contrada della basilica antoniana fu anche noto come Girolamo dal Santo.
Benché sia considerato il caposcuola della pittura padovana del Cinquecento, pochissime sono le notizie su questo pittore che lavorò sempre nella sua città.
Partecipò alle più importanti imprese pittoriche padovane della prima metà del XVI secolo: lavorò alla Scuola del Santo, alla Scuola di S. Rocco, alla Scuola del Redentore e nella Chiesa di S. Francesco dove lasciò un importante ciclo di affreschi, eseguiti tra il 1524 e il 1527.
Gli affreschi della Scoletta del Carmine con gli episodi della Vita di Cristo sulla parete sud furono eseguiti sicuramente dopo il ciclo di affreschi in S. Francesco. In essi Girolamo dimostra una evoluzione del proprio linguaggio che ora è più attento ai valori luministici e del paesaggio, ripresi anche da schemi dureriani, a lui noti attraverso le stampe. Gli ultimi due episodi a lui attribuiti - Gioacchino cacciato dal tempio e Gioacchino tra i pastori - alla sinistra dell'altare - sono databili un po' più tardi, verso 1530.
Girolamo Tessari morì in Padova, povero e infermo, verso il 1561.
Stefano dall'Arzere
Secondo alcuni studiosi le sue origini erano tedesche o fiamminghe.
Il Moschetti invece ipotizzava che fosse originario di Merlara, nel padovano, dove sarebbe nato intorno al 1515 e dove la famiglia aveva delle proprietà fondiarie. Sappiamo infatti che il pittore aveva dei beni a Merlara. Questo darebbe ragione del cognome, essendo il paese situato presso un "nuovo e vecchio argine".
Il Michiel lo diceva scolaro di Tiziano.
Gli esordi padovani avvennero a fianco di Girolamo Tessari e Domenico Campagnola nel ciclo dell'Oratorio del Redentore dove l'artista dimostra di avere ben assimilato il linguaggio tizianesco.
Poco oltre il 1540 fu impegnato nella prestigiosa impresa della Sala dei Giganti insieme a Gualtieri forse suo parente e a Domenico Campagnola.
Dalla metà del secolo l'artista fu impegnato in numerose imprese: nella Basilica del Santo, negli Oratori di S. Rocco,di S. Bovo, di S. Barbara e nella chiesa degli Eremitani.
Nella Scoletta del Carmine, intorno al 1550 dipinse la nuova parete di fondo dopo che l'aula era stata suddivisa per ricavare un atrio di accesso alla sala.
I soggetti replicano quelli in precedenza dipinti da Domenico Campagnola e Girolamo Tessari: Adorazione dei pastori, Adorazione dei Magi, Presentazione al tempio, dipinti in un'unica scena tripartita.
In questi affreschi lo stile magniloquente di grande effetto denota la declinazione ormai manierista della pittura di Stefano nel tardo periodo.
Stefano morì probabilmente a Padova dopo il 1575.
testi a cura di Alida Litardi
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immagini e grafica di Eugenio Trovò
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BIBLIOGRAFIA
C. GASPAROTTO, "S. Maria del Carmine di Padova", Padova, 1955
"Dopo Mantegna Arte a Padova e nel Territorio nei secoli XV e XVI", Catalogo della Mostra, Milano, 1976
V. SGARBI, "Carpaccio", Bologna, 1979
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"Il Pordenone" a cura di C. Furlan, Milano, 1984
"Gli affreschi della Scoletta del Carmine", Padova, 1988
"Giorgione", Catalogo della Mostra, Milano, 2009
"Giorgione a Padova - L'enigma del carro", Catalogo della Mostra, Milano,2010